Premessa: sebbene il presente articolo non voglia costituire una recensione in senso stretto, esso prevede la presenza di numerose anticipazioni e riflessioni riguardo i tre Batman: Arkham.

Batman: Arkham è stato uno dei maggiori successi videoludici della passata generazione: un risultato meritato, dovuto alla capacità di uno studio inesperto come Rocksteady di saper costruire intorno a Bruce Wayne un elseworld esclusivo e fortemente indipendente, sotto la cui luce rileggere meccaniche ludiche consolidate. Giunti al terzo episodio, da loro indicato come possibile conclusione di una trilogia dedicata all’uomo pipistrello, Rocksteady aveva il difficile compito di superare il successo dei due predecessori e confrontarsi con gli hardware dell’attuale generazione console, sancendo i canoni che altri sviluppatori, come Warner Bros. Montréal (autori di Batman: Arkham Origins, uscito nell’ottobre del 2013, e secondo alcuni al lavoro su un ipotetico videogioco dedicato a Superman), seguiranno nel prossimo futuro.

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Batman: Arkham Knight comincia con un’interessante sequenza d’apertura: sulle note dell’indimenticabile I’ve got you under my skin di Cole Porter, interpretata da Frank Sinatra, cremiamo la salma del Joker. Il pagliaccio era stato vittima della sua stessa follia, distruggendo la cura per il Titan che lo stava avvelenando durante il turbinio di eventi e personaggi con cui si concludeva Arkham City. Nonostante la morte del suo criminale più pericoloso, Gotham City non è ancora al sicuro. A minacciarla è lo Spaventapasseri, antagonista che, a causa dell’incontro ravvicinato con Killer Croc avvenuto durante gli eventi di Arkham Asylum, è ora reso ancor più inquietante da un aspetto da vero freak – il suo volto, orrendamente sfigurato, compone una sola figura con la sua maschera. Completa l’opera il doppiaggio di John Noble, che adduce una nota di implacabilità alle minacce di Jonathan Crane. La scelta dello Spaventapasseri come principale antagonista di Batman offre numerosi spunti di riflessione sulla nostra società e sul rapporto che intercorre tra sicurezza, soccorso e punizione: non è un caso che, negli ultimi anni, questo personaggio stia godendo di una rinnovata popolarità.

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Anche il principale collaboratore dello Spaventapasseri in questa sfida merita la nostra attenzione. Il Cavaliere di Arkham che dà titolo al gioco è, come avranno intuito i fan più attenti, una rilettura del secondo Cappuccio Rosso, Jason Todd. Il secondo Robin, la cui morte fu decisa dai lettori statunitensi nel lontano 1993 e compiuta dal Joker nell’arco narrativo de Una morte in famiglia, ritorna nella serie Rocksteady con un espediente interessante: il Joker ne avrebbe solo inscenato la morte, tenendo segregato il ragazzo per circa un anno all’interno dell’Arkham Asylum. In quei mesi il pagliaccio sarebbe riuscito a plasmare Todd, spingendolo ad odiare Batman tanto da volerlo uccidere. Purtroppo l’eccessiva loquacità e la necessità di affiancare un ‘bruto’ al più machiavellico Spaventapasseri neutralizza eventuali sviluppi del personaggio le cui minacce, puntualmente sventate dal giocatore, si deteriorano nel piagnisteo. Non migliorano la situazione un repentino cambiamento nel finale e, soprattutto, i deludenti scontri contro di lui. Nonostante si presenti Todd come un esperto lottatore, ci confronteremo fisicamente con lui in una sola occasione: in cui dovremo avvicinarci e colpirlo silenziosamente – una battaglia tattica, complessa e divertente da affrontare che, purtroppo, resta un unicum. Più spesso dovremo affrontare il blindato del Cavaliere di Arkham, in un noioso gioco al gatto col topo con la Batmobile.

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Per circa tre quarti di gioco, Crane ed il Cavaliere giocheranno a scacchi con Batman, coinvolgendo il giocatore in una ‘guerra di un solo uomo’, efficacemente evidenziata dall’intromissione di altri supercriminali come l’Enigmistica, Due Facce o Pinguino. Sfortunatamente questa tensione cala notevolmente nell’ultimo quarto del gioco, quando le minacce dello Spaventapasseri e di Todd perdono la loro pericolosità. Ma è in questo momento di rallentamento che emerge prepotentemente la figura del terzo, ultimo e ‘vero’ antagonista del gioco di Rocksteady: il Joker. Ian Ball, Martin Lancaster e Sefton Hill hanno trovato un interessante escamotage per ‘resuscitare’ il criminale creato da Jerry Robinson, Bill Finger e Bob Kane: come i più attenti ricorderanno, durante gli eventi di Arkham City numerosi criminali avevano abusato del Titan, una droga che potenzia incredibilmente la propria forma fisica (una sorta di rilettura dei più noti Venom o Miraclo); nel tentativo di disintossicare il maggior numero di pazienti l’ospedale di Gotham ha effettuato una serie di trasfusioni con sangue n0n sicuro, che si scopre esser stato infettato dal Joker originale con una nuova formula del suo veleno. Batman si impegna immediatamente nella ricerca dei possibili infetti e di una cura, anche grazie all’aiuto di Tim Drake/Robin, scoprendo che l’intossicazione mira a creare dei ‘nuovi Joker’. Le persone infette sono quattro e tra di esse vi è lo stesso Batman.

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La combinazione del nuovo siero della paura dello Spaventapasseri e del veleno di J0ker determina il ritorno in scena del personaggio come doppelgänger, fantasma e visione che racchiude paure, ossessioni e furia di Batman. Il rapporto tra i due si gioca, con le dovute differenze, seguendo attentamente il ‘canone’ sancito da Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson: il criminale cercherà di disgregare la personalità psichica di Bruce, approfittando della crisi intervenendo sulla sua volontà e rappresentazione. Ma la forma persistente, endemica del Joker dona agli sviluppatori la possibilità di creare dialoghi surreali e, soprattutto, di mettere in scena alcuni dei crimini più efferati che egli ha compiuto (e quindi alcune delle storie più note): alla sopraccitata conclusione di Una morte in famiglia si aggiunge l’incipit di The Killing Joke in cui Barbara Gordon viene sparata e rapita. Complice la magistrale interpretazione di Mark Hamill, il pagliaccio ruba la scena ad ogni altro antagonista e, per certi versi, è persino più incisiva dell’eroe. Se ciò sminuisce, in parte, il ruolo assegnato ad altri ‘super-cattivi’, come Pinguino e Due Facce, d’altro canto bisogna sottolineare come si delinei efficacemente il rapporto tra i due personaggi, ricorrendo a una serie di soluzioni narrative interessanti e difficilmente applicabili in altri media: la prima persona in determinate sequenze (l’apparente morte di Barbara Gordon o l’ultimo scontro tra Joker e Batman) o nelle sopraccitate scene tratte dai fumetti. La sensazione è che il nostro nemico sia davvero “under our skyn” e che quest’ultima missione abbia lasciato stremato il Cavaliere Oscuro che, ricorrendo al protocollo Knightfall, sembra ritirarsi dalle scene… almeno fino al prossimo gioco, come lascia intendere la conclusione definitiva.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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